LE ROVINE DI ADRIANO

Titolo Rovinedi Nello Trocchia

con Urbano Barberini e Danilo Rea

a cura di Giuseppe Marini

Nel paese degli azzeccagarbugli di manzoniana memoria basta un tratto di penna per cancellare la storia. E così è iniziato l’assalto alla Villa di Adriano, patrimonio dell’Unesco, scrigno dell’umanità.

L’assalto si doveva tradurre nella realizzazione di una discarica per raccogliere i rifiuti di Roma. L’invaso doveva ingoiare oltre un milione di tonnellate di pattume

annientando il fiore, cancellando la storia, mutilando il passato di gloria.

Un tratto di penna ha cancellato da un documento della Regione un possibile sito e inserito Corcolle, una cava a 700 metri dalla zona di protezione della Villa dell’Imperatore. Così è iniziato l’assalto. Un blocco di potere granitico ha proposto e consolidato il progetto, una società anonima svizzera avrebbe raccolto i benefici economici, dietro interessi oscuri e manine agili nella costituzione dell’azienda che avrebbero gestito il grande business. Un affare da oltre 100 milioni di euro solo per lo smaltimento del pattume inizialmente previsto.

Un movimento di cittadini e intellettuali, la denuncia dell’informazione libera ha fermato lo scempio.

Così nasce Le Rovine di Adriano. Il racconto di quello che è stato, ma di più. Questa storia è ben altro. l rifiuti, infatti, sono solo un pretesto, un paravento dietro al quale si cela un capitalismo affaristico e spartitorio che, in Italia, si impasta con la sistematica devastazione di ambiente e storia. E l’economia nera l’orizzonte immaginato in questi anni. Quella della Villa di Adriano è l’inizio, l’origine, l’obiettivo per inquadrare il Paese, piegato da logiche predatorie, da interessi di parte e poteri obliqui. La storia della discarica a ridosso del sito Unesco è l’occasione propizia per dipingere un affresco dell’Italia, svuotata di memoria, supina a spinte emergenziali e serva di riveriti e incapaci gestori di potere. L’assalto alla residenza dell’imperatore è una chiave per aprire la porta sul giardino del paese. Un paese che non si risveglia, non scalpita, non scatta contro un progetto di annientamento di un patrimonio storico di rara bellezza, quella bellezza, madre abbandonata e indifesa. E se è il racconto di chi insudicia la bellezza, Le Rovine di Adriano è anche la denuncia di una collettiva amnesia. Perché la devastazione ambientale, l’economia nera dei rifiuti, gli interessi occulti erano già in scena nell’affare pattume che ha umiliato la Campania. Così la villa di Adriano ricorda quella di Carditello, il parco delle colline di Napoli, quello nazionale del Vesuvio. Se avessimo avuto memoria non avremmo ripetuto l’orrore del silenzio mostrando un volto assuefatto e stanco. Le Rovine di Adriano racconta questo paese. Lo racconta così come è oggi nel 2014, se possibile, senza infingimenti, con la convinzione che disgregando il passato, il futuro avrà vita breve.

Nello Trocchia

“Le rovine di Adriano” è in coproduzione con la Compagnia 2B

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