LA FORZA DELL’ABITUDINE

LA FORZA DELL’ABITUDINE

di Thomas Bhernard
traduzione e adattamento di Alessandro Gassman e Carlo Alighiero

con Alessandro Gassmann Sergio Meogrossi, Paolo Fosso
e con il circo di Walter, Giancarlo, Kevin, Aileen COLOMBAIONI

regia
ALESSANDRO GASSMANN

scene
Gianluca Amodio

musiche originali
Pivio & Aldo De Scalzi

costumi
Helga H. Williams

disegno luci
Marco Palmieri

La forza dell’abitudine è, come tutti i testi di Bernhard, una meravigliosa metafora della vita e dell’incapacità degli artisti a veder realizzata compiutamente la propria arte. Un’utopia che il nostro protagonista, il direttore del Circo Caribaldi, da anni non solo anela di raggiungere ma che tenta di imporre ai propri squinternati “subalterni”. La comicità assurda che scaturisce dal gruppo di circensi descritti da Bernhard, coinvolge inevitabilmente tutti noi: chi non ha, almeno una volta nella vita, desiderato di raggiungere nell’arte, nel lavoro, mete più alte di quelle che prevedibilmente si era prefissato? Il raggiungimento della perfezione, senza compromessi, senza interruzioni, senza volgarità?
Il mestiere dell’attore è curioso. Col passare del tempo, con l’accumularsi delle esperienze, può succedere, come è successo al sottoscritto, di cominciare a vedere i propri limiti, di non accettare le proprie incapacità, di divenire curiosi del lavoro degli altri attori, di sentire forte il desiderio di partecipare in altra maniera alla creazione di uno spettacolo. Quando a tutto ciò va ad aggiungersi l’amore, più che decennale, per un autore come Bernhard, il passo verso la regia diventa quasi una necessità.
Il Circo, la cui arte è in via d’estinzione, offre infinite possibilità per comunicare allo spettatore, divertendolo, il senso d’impotenza che noi, artigiani dello spettacolo, proviamo di fronte all’avanzare della volgarità, della sordità, dell’appiattimento culturale favorito dai moderni mezzi di comunicazione.
Il mio semplice intendimento sarà quello di far emergere la straordinaria capacità di Bernhard nel descrivere la condizione umana, attraverso le ridicole e tenere imprese del direttore Caribaldi, del giocoliere, del domatore, della ballerina e del buffone.
Il comico tentativo dei nostri eroi di suonare tutte le sere, dopo lo spettacolo, il quintetto de “La trota” di Schubert, l’incapacità tecnica e psicologica che li attanaglia, l’incomprensione per l’importanza della “missione”, scatena nel direttore una rabbia crescente.
La sua maniacale ansia di perfezione e lo sgomento di non riuscire nel suo intento, ne fanno un protagonista esilarante, a volte tirannico, nel quale, onestamente, mi riconosco (condividendone, ahimé, tutte le paure) e al quale dovremmo tutti volere un po’ bene…
Buon divertimento.

Alessandro Gassmann

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