AMLETO

La tragica storia di

AMLETO

principe di Danimarca

traduzione di Cesare Garboli

uno spettacolo di Giuseppe Marini

con

Stefano Quatrosi
Claudio, re di Danimarca

Giuseppe Marini
Amleto, principe di Danimarca

Maurizio Palladino
Polonio, primo becchino

Luca Carboni
Orazio

Andrea Capaldi
Laerte, attrice regina

Armando Iovino
Marcello, Rosencrantz, attore , un signore, un prete

Roberto Salemi
Bernardo, Guildenstern, attore-re, un messaggero, secondo becchino

Rossana Piano
Gertrude, regina di Danimarca

Gaia Insenga
Ofelia

scene Alessandro Chiti   musiche Marco Podda

costumi Helga H. Williams   disegno luci Gigi Ascione

Amleto, ovvero l’insondabile “poema infinito”, il più vasto e inquietante dell’intera letteratura mondiale.
Prisma di enigmi e misteri inscrutabili, macchina cosmologica e teatrale acentrica e multiforme, attraversata da una molteplicità di linguaggi e di generi e dove il tragico non occupa più la posizione centrale, ma è attraversato da spaccature e differenze che sfidano e minano dall’interno le leggi della rappresentazione.
Paradosso drammaturgico dove l’indicibile e l’irrappresentabile sono oggetto di rappresentazione, dove l’inazione diventa azione principale, il rinvio dell’azione è il ritmo e la possibilità stessa della narrazione, il differimento e la differenza è il fine del racconto
Dramma della coscienza e della memoria, mascherato da tragedia della vendetta, in cui l’ossessione della carne, le malattie dello spirito, i morti che ritornano a imporre il loro teatro su quello dei vivi, le anime in purgatorio che chiedono altro sangue, le contese irrisolte e irrisolvibili tra padri e figli, figli (maschi) che si incaricano di emendare colpe paterne e delitti materni, incesti, parricidi, colpevolezze e redenzioni, sono gli ingredienti mitopoietici di un perturbante (meta)teatro interiore che, in uno stile misto di tragico e umoristico, prosaico e raffinato, sublime e buffonesco, esplora la più grande frattura del pensiero, del senso e del cosmo.
In una scatola scenica rigorosa ed evocativa (un luogo non-luogo consono a un’allucinata liturgia della fine, inaugurata, non a caso, dalle parole di Beckett che cantano il tragico paradosso artistico dell’impossibilità – e perciò stesso dell’obbligo – di esprimere) il nostro Principe-Attore-Regista, inventa e perverte con lucida e logorroica affabulazione varie forme di testualità al fine di ritardare e differire l’irrimediabile vacuità del testo-mondo.
Il Teatro come Testo…
Un sogno della mente… forse.
Un viaggio verso il silenzio del teatro di là da venire, prima e oltre ogni risposta, direttamente dentro la domanda…

Giuseppe Marini

AMLETO FOTO

 

AMLETO RASSEGNA STAMPA

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